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AL MIO LETTORE E DISCEPOLO

Riepilogando in poche parole tutto ciò che disseminato in più volte ho scritto e ripetuto in pagine destinate a monito pubblico delle occulte verità, io dico e ripeto al mio lettore e discepolo:

Se tu credi che leggendo i libri di occulta filosofia tu possa ghermire di volo il Secretum Secretorum della Magia Universale, disingannati: non sciupare tempo e fosforo e denaro. Per te i libri di Magia diventeranno un libro di poesia indefinita, pieni di azzurri orizzonti e pieni di illusione. Tu non porrai in modo alcuno il piede nella casa della verità se al vago pensare non accoppierai l’azione.

Il pensiero è la fede ed è religioso.

L’azione è la magia ed è scientifica.

Non credere ad alcuna cosa solo perché sentita dire; non credere alle tradizioni, che ci arrivano vecchie ed alterate dalla favella umana; non credere a quello di cui gli uomini molto parlano; né credere solo perché ti sta innanzi la testimonianza di un sapiente; non credere ad una cosa perché delle probabilità ti parlano per essa, o perché per vecchia abitudine la ritieni vera; non credere nella sola autorità del tuo maestro e del tuo sacerdote. Prendi per verità e vivi secondo essa solo ciò che la tua ricerca e la tua esperienza ti mostra corrispondente alla tua salute, al tuo bene ed al bene degli altri uomini come te.

La scienza ieratica, ti dico io, fu ed è ritenuta dal comune degli uomini o come una illusione o come una fede. Invece per l’iniziato non deve cessare di essere coscienza. La fede è dei volghi ed è cieca ed è delle religioni per i profani. La fede invece come risultanza delle proprie ricerche, dopo che le ricerche hanno provato la verità, è scienza ieratica e coscienza sacerdotale.

Non dire mai «Magister dixit», perché in questo caso avrai la fede nella scienza di lui, ma non la coscienza, e tuo dovere per diventare un iniziato è di avere e conquistare questa con l’opera attiva e la guida di un iniziatore.

L’uomo che pensa aspira, come il credente cristiano che reciti il Paternoster, che avvenga il regno del Padre.

L’uomo che opera compie, a similitudine del Padre, opera di regno.

Ora se il lettore vuol accingersi a diventar studioso di magia deve cominciare a praticare, cioè agire; prima di agire, educarsi; prima di educarsi, intendere.

Dunque intendere, educarsi, agire: ecco i tre perni della pratica della prima magia.

Chi ha la fortuna di trovare un maestro può ricevere da lui, vivissimo animo, et brevi tempore, tutto ciò che può giovare alla sua ascesa.

Intendere: nell’esposizione dei sacri arcani non guardate alle parole, ma all’intenzione o spirito che dice. Cristo nelle parabole evangeliche è come la storia delle sacre emigrazioni giudaiche, piene di lotte e di regole di cui ogni nome di ogni uomo è uno spirito di azione e ogni parola di battaglia è un accenno tra lo spirito e la forma profana. Gli Angeli sono taciturni, ma attivi: sono taciti per parole e loquaci per fatti. I fatti sono opera di Dio: il linguaggio degli spiriti di Dio sono le opere. Le parole, i discorsi, l’esposizione grammaticale (grammata, la parola parlata) sono del volgo e paragonano l’uomo alle belve, che hanno bisogno della voce per esprimere i bisogni. Perciò i grammatici forbitori dell’umana parola e dell’umano discorso, furono tenuti in dispregio grandissimo dai filosofi di tempi antichi che spuntavano dalle scuole orfiche e pitagoriche dei templi sacri alla verità.

Il non parlare o silenzio soggettivo mette l’individuo fuori di ogni stasi artificiale di creazioni autonome.

Le parole da noi stessi pronunciate sono il ribadimento delle nostre stesse idee, realizzate ripetutamente per mezzo delle voci articolate.

Gli uomini che parlano molto sono condensatori di ciò che psichicamente non hanno ancora digerito.

Chi non crede e dice, finisce col credere a ciò che dice.

L’educazione al silenzio interiore e all’individuale è una grandissima preparazione psichica alla separazione del corpo sensuale dai tre elementi superiori.

Non vi è iniziazione che non cominci dal silenzio: non parlare né di quello che conoscerai, né di quello che vedrai e tacerai non solo con la bocca, organo di trasmissione del pensiero. L’educazione al silenzio per meccanica irradiazione, si rivolge alla sensibilità lunare dell’anima ed essa imparerà a tacere come tace la bocca chiusa.

Tutto deve tacere intorno a chi si avvia alla conquista della sua reintegrazione, affinché l’intelligenza solare si manifesti in lui: tacere soggettivamente ed oggettivamente, con la bocca, con gli atti, coi pensieri, dormendo o da sveglio, perché chi parla crea ed ogni creazione è spostamento di forma, quindi occultamento della verità amorfa e primitiva, o spirito di luce.

Il discepolo deve saper tacere e vivere in mezzo alla folla che si suggestiona, ma non suggestiona il sapiente. La sua anima deve restare insensibile a tutte le voci, a tutti i rumori, a tutte le consuetudini che formano la grande suggestione umana. Né basta: deve tacere con la sua anima ed imporre il silenzio anche agli spiriti che parlano a lei.

Se il discepolo sa tacere con l’anima e con la bocca, e nel mondo vive isolato nella più completa solitudine in mezzo alla folla che si agita e predica l’errore, egli sentirà la voce del Maestro del suo spirito e non nel semplice suono. (…)

Chi vuol cominciare a capire, chi vuol entrare in possesso delle prime chiavi dell’occulto tesoro delle scienze che formano il patrimonio dei Magi, deve lasciare l’intero bagaglio delle idee profane per entrare nel mondo delle cause, col processo sintetico e non analitico, che è il vero e grande enigma dei misteri sacri.

Una è la legge, una l’esistenza di tutte le cose, una è la matrice di ogni forma sensibile e fuori di questa unica verità non esiste che la follia ragionante, la quale ha trovato che l’uomo imperfetto tutto debba sperare per grazia e che la vita eterna degli spiriti si svolga fuori della potestà della materia che è l’unica legge, l’unica essenza, l’unica matrice di ciò che è, che fu e che sarà in eterno sulla terra e su tutti gli astri del firmamento.

Per l’iniziando Una è la vita: il quarzo, la rosa, una donna bella, un uomo bruttissimo non sono che la produzione dello stesso germe della vita dell’universo.

L’universo ha un’anima? E’ la stessa anima che mantiene compatti gli atomi del quarzo, che colorisce ed avvizzisce i petali di una rosa, che fa convellere una donna sotto lo spasimo del desiderio che rende ripugnante un uomo.

L’universo ha una mente? E’ la stessa mente che si manifesta in gradazioni intelligenti diverse nel minerale, nel vegetale, nella bestia.

Che cosa esiste per il volgare, profano all’intuizione dell’unita ermetica? Niente altro che la parola.

Che cosa esiste per lo studioso di occultismo? Una sola cosa, l’unità nell’espressione più vasta dei fenomeni della natura.

In magia, intendere è conquistare. (…)

Quanti coloro che cominciano bene e finiscono orrendamente studiando la scienza dei magi? Perché? Perché essi credono di capire e non intendono: il mondo invisibile parla loro col linguaggio immutabile delle unità che essi non intendono; vi mettono dentro il loro orgoglio e precipitano della geenna (obscurissimi loci diaboli domum, scrive il Bonaventura Cappuccino) da cui non ne escono che distrutti.

Gli Orientalisti e i teologi investigatori di metodi e formule costituite dalle religioni hanno volta a volta affermato che il principio primo su cui si fonda l’ascesa magica è l’orgoglio: l’Ego o logos non scaturisce che dall’unità intelligente completa e indipendente. Questo è vero nella sola forma esterna, ma se si riflette che tutti gli ordini religiosi e monastici di tutte le religioni del Mondo sono, come nella natura visibile, fondati sulla gerarchia e sull’obbedienza, e che gli spiriti elevati capaci dell’ascesa completa sono comparsi e compariscono in tutti gli ordini delle religioni diverse, e che nella gerarchia e nell’obbedienza le Unità indipendenti si formano senza squilibrio, scaturisce limpido che in Magia è nel falso colui che crede di staccare il fratello dal fratello, il compagno dal compagno, il discepolo dal maestro per creare la sinagoga satanica del disaccordo e della divisione, generatrici di passioni di odio orribili, che impediscono il progresso dello spirito nella zona altissima della verità.

Leggete la parabola del figliuol prodigo.

Avviene, e lo so per esperienza, tra maestro e discepolo. Il figliolo prende la sostanza del padre e va lontano a sciuparla in bagordi; egli si illude di trovare dovunque quello che ha avuto dal padre.

Un bel mattino, quando il sapiente improvvisato meno se lo vuol confessare, il prodigo deve convincersi che egli è men che niente, che il piccolo patrimonio è distrutto, che tutto è caduto intorno a lui.

La Luce o una Luce si affaccia nell’anima del discepolo e gli dice studia, intendi, opera, ama. Nello studio, nell’intendimento, nell’opera, nell’amore egli deve in amplesso abbracciare tutto il mondo invisibile e il visibile.

La Luce lo sospinge per impulso verso una fonte a cui dissetarlo di verità. Egli cammina dubbioso, assaggia e dice come il Dio della Bibbia dopo la creazione dell’acqua, et vidit hoc bonum esse.

Allora la Luce lo conforta ed egli si mostra nelle acque azzurre del lago. Entra in campo la superbia dell’uomo, lo spirito della terra, che i biblici trasfigurarono nel serpente e gli ebrei cabalisti nei Samiel e nell’Astaroth, che gli sussurra insistente: tu navigherai in acque profonde e non sommergerai, e lo seduce.

Chi è che forma l’Unità mentale del Logos nell’iniziando, la Luce divina o lo spirito della terra? L’obbedienza o l’orgoglio? Lo spirito dell’Universo o l’alito della bestia?

Ecco perché allo stato attuale della civiltà presso i diversi popoli detti civili gli uomini veramente avanzati sono rari, se non si guardi negli ordini più austeri delle religioni diverse. Nella vita sociale e profana l’uomo non resiste alla prova del serpente della terra e cade nelle sue fauci: il serpente ha faccia di donna o di bel giovane che incanta se parla, che addormenta se respira, che allieta se sibila, ma inesorabilmente uccide quando un uomo gli si dà in balia completa, perpetua, incondizionata.

L’intendimento è falso quando in chi incomincia predomina lo spirito della terra. E’ lo spirito di obbedienza e di amore che è essenzialmente divino. Se si riflette a tutti i giuochi e i sofismi che lo spirito individuale di orgoglio può fare in questo enunciato di obbedienza e di amore si comprenderà che catastrofe aspetta colui che torce le interpretazioni a suo modo.

E per intenderci bene vorrei che il lettore paziente intendesse oggi e sempre lo spirito di queste cose che io gli vado sfrondando, perché mangi le rose e vegga la Iside sfolgorante di beltà immortale. (…)

Ai miei discepoli di Magia io insegno una verità immutabile in tutti i tempi, in tutti i paesi, la verità al di sopra di tutti i nomi: non illudetevi; le parole mutano come l’umore degli uomini, non inchinatevi che innanzi alla verità comunque si chiami, comunque si appelli, la verità è una. Gesú Cristo, la coscienza filosofica, l’Io superiore, Il Budda non è che il principio divino in noi. Parlate a voi stesso, discorrete con Gesú Cristo come vuole Tommaso da Kempis, cercate l’angelo rinserrato nel vostro corpo, come dicono i mistici, per voi tutto è lo stesso, perché non il nome forma la verità, ma la verità è tradita dalle parole degli uomini i quali, dopo che l’hanno tradita, non sanno chiamarla con lo stesso nome! (…)

Dice Tommaso da Kempis: Ista est summa per contemptum mundi tendere ad regna coelestia.

Cioè disprezza il Mondo e arrivi al Cielo.

Che cosa è questo mondo che si deve disprezzare?

I sensi: vanità delle vanità, vanitas vanitatum, dice il monaco officiante. Il mondo è materia, le sensazioni della materia, illusione dell’effluvio della materia, la società umana irredenta spiritualmente, l’orgoglio, l’ambizione, il seguire i desideri della carne. Questo mondo del sacerdozio egizio il medioevo lo chiamava mondo sublunare, cioè, variabile e mutabile come la luna: non vi può essere immacolata concezione senza mettersi il mondo sublunare o la luna sotto i piedi. Dunque il mondo è in noi: è la parte di noi stessi che più sente degli effluvi terrestri, è la parte più terrestre, più socialmente bruta dell’homo sapiente.

G. Kremmerz

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