Guardando indietro nei secoli noi possiamo vedere che l’umanità ha sempre camminato su due linee parallele che potremo chiamare una rossa e una blu. La linea rossa, quella percorsa dalla maggior parte dell’umanità, è quella dell’errore; quella blu è stata percorsa da pochi uomini eletti e detentori della verità.
Nostro compito è ora di cancellare la linea rossa e di portare tutta l’umanità sulla linea blu, linea della verità. Per fare questo, occorre anzitutto spiegare la nuova dottrina ad alcuni eletti che abbiano in sé la spinta per la ricerca della verità, i quali poi ne trarranno i princìpi per la gente comune. Dobbiamo, insomma, cancellare l’errore in cui hanno vissuto gli uomini, cominciando da capo e utilizzando tutte le capacità fino ad oggi acquisite per poter rapidamente guadagnare il tempo perduto.
La nuova dottrina è semplice come la natura e dimostra tutto.
Per poterla spiegare bisogna cominciare dalla causa prima che per i religiosi è Dio, per gli scienziati e filosofi un problema non ancora risolto. Se la dimostrazione di questo primo fenomeno è vera, essa deve servire a dimostrare tutti i fenomeni della vita materiale e spirituale. Se con questa chiave un fenomeno, invece, non viene dimostrato, vorrà dire che la chiave non è vera.
Bisogna cominciare a dimostrare la non esistenza di Dio nel senso religioso e darne una spiegazione scientifica che appaghi l’intelligenza profana e nello stesso tempo dimostri che, pur non esistendo quell’ente chiamato comunemente Dio, vi è qualcosa di molto più reale, una forza dimostrabile molto più rigida, più inflessibile, più giusta di qualunque Dio possiamo immaginare.
Cominciando dalla causa prima dobbiamo innanzi tutto stabilire l’esistenza di un tempo X passato di un qualche esistente; gli scienziati oggi parlano di essenza allo stato di quiete. Partiamo dunque dall’affermazione che è sempre esistita un’essenza. A un certo momento una particella di questa essenza, la più infinitesimale, quella che gli scienziati oggi non hanno saputo ancora individuare, per un fenomeno che si può dire insito, maturato attraverso miliardi di anni, si è ribellata allo stato di quiete e si è messa in movimento. A questo proposito possiamo osservare che tutte le religioni parlano di un angelo ribelle (Lucifero). Ci possiamo ora domandare perché questa particella si è ribellata allo stato di quiete originario. Per spiegare questo fenomeno dobbiamo ricorrere al concetto di finalità. La finalità insita, immanente nella massa. Poiché il fine per ogni essere è in relazione alla sua grandezza, per la particella primordiale è stato quello del movimento.
Il movimento scaturito da quel primo atto di ribellione si è a poco a poco propagato a tutta l’essenza fino al momento in cui tutta questa essenza si è messa in movimento creando il Chaos. Dal Chaos deriva tutta la creazione dell’universo; dall’attrito tra un elemento e l’altro nasce il calore, dal calore la luce, dalla coagulazione degli elementi gli astri, il firmamento, fino alla creazione della Terra. Dal Chaos della Terra si scindono terra, acqua, aria e fuoco e di qui la nascita della vita primicellulare. In questa prima cellula si ripete il fenomeno della particella primordiale, cioè essa si trova, mettendosi in movimento, in attrito continuo col mondo circostante, mondo che rappresenta la necessità, forza negativa la quale opponendo più o meno resistenza, richiede da parte della forza positiva una situazione di sforzo. Dalla lotta tra forza positiva e negativa nasce anche la differenziazione dei sessi.
Darwin spiega il formarsi dell’universo con l’evoluzione della prima cellula vivente (contro la sua teoria sta quella dei tipi prefissi).
Possiamo infatti domandarci: perché ad esempio l’ape arrivata a un determinato livello di evoluzione, cioè quello attuale, non si trasforma più? Primo: l’ape per lo stato di necessità esteriore del mondo in cui vive è arrivata al massimo della perfezione e dell’equilibrio richiesti appunto da quel mondo e non ha quindi bisogno di ulteriori trasformazioni essendo giunta al massimo del suo perfezionamento, come fine di quelle cellule che si chiamano ape. Secondo: può darsi però che fra miliardi di anni, proiettando nel futuro il cammino percorso fino ad ora, l’ape si sia trasformata perché lo stato di necessità esterna sarà modificato a tal punto che l’ape non sarà più ape, ma dovrà diventare un’altra cosa.
La cellula ha dunque imparato dalla necessità esteriore ed è la necessità che ha creato l’uomo.
Se noi dunque ammettiamo lo stato di quiete originario e la ribellione a questo stato di quiete, ribellione che ha creato tutto l’universo, possiamo dire che dalla rivoluzione di quella particella infinitesimale dell’essenza primordiale è nato tutto l’universo.
Il religioso a questo punto potrebbe osservare che è Dio l’essenza allo stato di quiete, oppure che è Dio la particella primordiale ribelle; nel primo caso si può obiettare che questo Dio sarebbe un Dio non creante; nel secondo, che Dio è un essere piccolissimo all’inizio della sua evoluzione, ben lontano dalla concezione di un Dio onnisciente, onnipotente, perfetto fin dall’inizio.
Volendo dare all’essenza intelligente universale il nome di Dio, possiamo tutt’al più ammettere che questo Dio sia al massimo della perfezione nel momento in cui viviamo, cioè in questo momento l’intera essenza intelligente cosciente dell’universo può essere al livello della punta massima di intelligenza raggiunta dall’uomo che vive oggi e che ha vissuto ieri. Siamo, cioè, noi che diamo forza, onniscienza, onnipotenza, limitatamente al massimo a cui arriviamo, a questa essenza Dio. Questa essenza va sempre più perfezionandosi, aumentando di forza, potenza e intelligenza, è perciò perfettibile, cioè soggetta come tutto l’universo alla legge della perfettibilità.
Leggi universali. Con la creazione, o meglio l’evoluzione dell’essenza che ha portato alla formazione degli esseri, si sono create le leggi universali a cui nulla si può sottrarre e che si possono chiamare i binari dell’Universo. Abbiamo parlato dell’attrito formato da due enti primevi: il primo che cerca il suo modo di essere e il secondo, il mondo circostante, che vuole impedirglielo. Questo ultimo si oppone al primo non con un’intelligenza cosciente, ma con la sua gravità, o meglio negatività. Abbiamo quindi la lotta fra negatività e positività, abbiamo cioè l’essere in movimento verso il meglio e che nel caso della particella primordiale fu necessità di muoversi. Il fine, dunque, che fu movimento, fu movimento verso il meglio. Dall’attrito nasce la prima legge che è quella della perfettibilità, ossia la legge dal peggio al meglio. Da questa legge nascono le altre leggi fisse che sono i quattro valori universali, quelli che i religiosi chiamano la faccia di Dio: il vero, il bello, il buono, il razionale.
Cade così completamente il concetto di un Essere, di un Dio perfetto al di fuori di noi ed anche al di fuori dell’universo: dobbiamo respingere l’erroneo concetto di un Dio che punisce e premia secondo il merito. Concetto in fondo assai comodo, perché quando all’uomo arriva una contrarietà è più facile dire che Dio l’ha voluto o Dio l’ha punito, invece di andare a cercare la causa di quella calamità dentro di sé.
Bisogna considerare, invece, la perfettibilità dell’uomo in armonia con la legge universale della perfezione. L’uomo dunque non è in balia di se stesso, ma soggetto a queste leggi universali e può attraverso di loro essere portato su un piano di spiritualità, al dominio cioè del proprio essere e del mondo che lo circonda. Noi vediamo che tutte le religioni hanno sempre promesso un mondo di pace e di non sofferenza dell’al di là, per raggiungere il quale dobbiamo però tanto soffrire su questa terra.
Seguendo il corso dell’evoluzione possiamo arrivare alla dimostrazione della non necessarietà della sofferenza materiale. Infatti è su questa terra che dobbiamo vivere in pace e in gioia: è, cioè, su questa terra che si avrà il paradiso o l’inferno.
L’uomo, infatti, si è sempre mosso e si muove o spinto dalla paura o in funzione di un premio che potrà ricevere.Bisogna quindi liberare l’uomo dalla paura e insegnargli che cosa è libertà; allora l’uomo si muoverà in funzione di una creazione di valore, ricevendo il premio in conseguenza di ciò. Dobbiamo perciò dimostrare qual è il lavoro sofferenza e quale il lavoro gioia come lo intendiamo noi. Per esempio, l’artigiano costruisce un tavolo perché ne ha bisogno o perché deve servirsene o perché deve venderlo; è spinto cioè da una necessità materiale. Se invece lo costruisce perché sente in se stesso una necessità artistica che vuole estrinsecarsi è mosso da una necessità spirituale e crea un valore. Il problema è sempre questo: sottomettere la materia allo spirito e non lo spirito alla materia.
Intelligenza cosciente. Quello a cui noi tendiamo è la dimostrazione che l’uomo è l’essere possessore del libero arbitrio e che il corpo non è altro che lo strumento di questo libero arbitrio; che non esiste alcun essere onnisciente al di fuori di noi, ma che esistono delle forze vere e reali molto più concrete della parola di Dio e che sono guidate da leggi inflessibili che abbiamo chiamato leggi universali.
Riportandoci alla particella primordiale di cui abbiamo parlato, questa particella conteneva in sé l’essenza, ossia la materia; la forza, ossia il movimento; la volontà, ossia la direzione; e infine la creazione. Quando abbiamo stabilito che quella particella primordiale aveva in sé questi quattro attributi, non è difficile riportarci a milioni di anni fa per comprendere l’evoluzione dell’essenza universale e non dovrebbe quindi essere difficile attraverso i vari passaggi dell’evoluzione arrivare alla creazione dell’ente vita animale, vegetale, minerale. Si dice che ha vita l’essere che può riprodursi o mutarsi. Nulla sfugge a questa legge; possiamo prendere ad esempio il ferro. Il ferro si trasforma e crea ruggine, dal ferro non nasce cioè ferro, ma ruggine; l’ente però che ha dato origine al ferro può creare altro ferro. Noi possiamo allora dire che questa del ferro che si trasforma in ruggine è una direzione della vita.
La direzione della vita dell’uomo è quella di creare l’uomo. Noi non sappiamo se l’uomo crea anche qualche altra cosa che oggi ci sfugge, per esempio nel momento del trapasso.
Nulla infatti esiste che non abbia vita.
La vita è quel movimento eterno che prende forme diverse. Il passaggio importante è il momento in cui la vita primordiale si trasforma in uomo. Qual è la differenza tra la cellula primordiale e le cellule dell’uomo? Come, cioè, dalla cellula primordiale si è arrivati all’uomo? O meglio: che differenza c’è tra l’uomo e qualunque altro essere esistente nell’universo? La differenza sta appunto nell’intelligenza cosciente. Quando si diceva che la particella primordiale conteneva tutti gli attributi tra i quali quelli della volontà, non si intendeva parlare di volontà cosciente, ma di volontà incosciente, di direzione della legge iniziale dal peggio al meglio, che poi con l’evoluzione si è perfezionata nelle leggi dei valori che creano l’armonia di tutto l’universo. Anche se ammettiamo che inizialmente la particella aveva come spinta la libertà, la liberazione di quello stato di essere per una forma di esistenza migliore, questa era però sempre una spinta data dall’istinto, data cioè dalla finalità insita nella massa e che si è mossa appunto verso il meglio. Non era ancora volontà cosciente. Importante è stabilire la nascita dell’intelligenza cosciente, che si è realizzata per la prima volta nell’universo nell’uomo. Dobbiamo stabilire quando è nata, come è nata e che cosa è questa intelligenza cosciente.
Dall’atto di ribellione della particella primordiale è nata l’intelligenza, perché intelligenza è movimento; essa è nata cioè dall’urto tra la necessità esteriore e la necessità interiore. L’intelligenza incosciente caotica ha portato dunque per necessità alla creazione degli esseri più perfetti: gli animali e l’uomo. Comune ad entrambi è l’intelligenza istintiva: le cellule che li compongono sono intelligenti, ad esempio quelle del sangue, che attraverso i secoli in cui sono diventate sangue hanno imparato quel loro particolare comportamento (accorrere dove c’è una ferita, ecc.). Quindi l’intelligenza istintiva è data dalla necessità che ha educato le cellule proprio a quel comportamento. Esse non faranno che quella funzione se non vengono educate a altri comportamenti oppure se non intervengono fattori esterni più forti che facciano fare loro un lavoro diverso da quello abituale. La cellula ha dunque imparato dalla necessità e la necessità ha creato l’uomo come tutte le altre cose. I primi uomini avevano già un cervello come organo, ma questo funzionava soltanto in stato di necessità esterna o interna, fungeva cioè solo da antenna. L’uomo primitivo ad esempio non si accorgeva di aver fame prima di stare sotto l’albero dove crescevano i frutti che servivano ad appagare la sua fame, anzi si può dire che l’uomo in quello stato di vibrazione fame si incamminava con la sua antenna cervello sensibile verso il punto albero che gli dava da mangiare. È il periodo che possiamo paragonare grosso modo al paradiso terrestre, quando gli uomini non erano coscienti e perciò privi di problemi. Venne però il giorno in cui un uomo o pochi uomini cominciarono a porsi delle domande: forse a constatare il sorgere e tramontare della luna ed a superare il terrore del buio per amore di ricerca. È da quel momento che data la nascita dell’intelligenza cosciente o meglio da quel momento data la nascita della coscienza. L’uomo primitivo che si muoveva nella sua evoluzione dall’infanzia alla maturità inconsciamente verso una direzione di valore, ad un certo momento è stato costretto da una necessità esterna che si ripercuoteva nell’interno a superare uno stato di paura, di sofferenza e quasi a violentare ciò che fino a quel momento costituiva per lui la regola. Poiché con quelle regole che lo avevano fino allora guidato non poteva riuscire a superare quello stato di patimento, è stato costretto a fare quello che noi oggi chiamiamo l’atto eroico. Dal primo atto eroico è nata la coscienza, ossia dal momento di quell’atto di rivoluzione contro le leggi che lo guidavano fino allora è stato stabilito il concetto di io sono, io esisto. Però tutto questo che noi ora possiamo spiegare con parole chiare, allora non era chiaro, cioè l’uomo non era cosciente della conseguenza del suo atto, né di quello che noi ora chiamiamo io sono. Da quel momento di coscienza l’uomo si è cominciato a distinguere dall’animale. In principio gli attimi di coscienza si verificavano a intervalli lunghissimi, forse tra una generazione e l’altra. Poi, col passare dei secoli, il susseguirsi degli atti eroici divenne più serrato e le cellule dell’uomo ne vennero impresse fino a condensarsi in uno stato che oggi ci è ben noto: lo stato di coscienza. Questo stato è, però, il primo grado di coscienza, non è ancora coscienza luminosa (intelligenza cosciente) cioè la possibilità delle cellule coscienti di cementarsi. (Si può riportare al bambino la creazione di questa coscienza: dal momento di vibrazione di due correnti che si uniscono e creano un altro essere nasce il mondo nuovo che è il bambino (caos), segue il nutrimento interno ed esterno della madre, il nutrimento vegetativo dato dal mondo esterno ed infine l’indipendenza. Col primo atto eroico di superamento di uno stato di patimento nasce lo stato di coscienza o, per meglio dire, lo stato nel quale il bambino dice io, momento che si verifica più o meno tardi a seconda della tradizione delle cellule che lo compongono).
Abbiamo visto che lo stato di coscienza non vuole ancora dire intelligenza cosciente. Infatti, lo stato di coscienza può essere ancora uno stato di animalità, può essere uno strumento della ragione, di quel movimento che spiegheremo poi come movimento di ragione: l’essere cioè in stato di ragione è cosciente di fare una determinata cosa, ma questo non significa che realizza i valori. Cioè nello stato di coscienza senza intelligenza (parlando di intelligenza si afferma implicitamente stato di vibrazione dei valori) può far funzionare il suo cervello in direzione dell’appagamento cosciente dei suoi complessi animali. Il passaggio tra l’impulso del complesso animale e la realizzazione è lo stato di desiderio; e il desiderio, espressione del complesso animale, è la forza che fa muovere l’organismo in questo caso.
Siamo arrivati dunque alla spiegazione della coscienza, di come cioè dal primo atto di coraggio fatto dai primi uomini si è determinata quella forza che è andata ad incidere su quelle determinate cellule creando il primo atto di coscienza. Abbiamo visto come da questo momento l’uomo si stacca dall’animale. L’animale infatti non sa di esistere, si comporta esattamente come i suoi complessi lo spingono: il complesso di alimentazione, di riproduzione, di ambiente. Si comporta cioè secondo il suo mondo interiore (dato dai complessi) e secondo le necessità del mondo esterno che lo sospingono. È privo di volontà, è portato dalla necessità a fare cose nuove. Non gli è possibile fare cose mai viste, tutt’al più sotto una spinta esteriore può fare dei tentativi, come per esempio il topo nel labirinto. Bisogna, poi, nel giudicare la sua intelligenza tener conto dei secoli in cui è stato a contatto dell’uomo e durante i quali le cellule che compongono l’animale hanno avuto le impressioni che si sono tramandate e migliorate attraverso la riproduzione.
L’uomo, fino al momento della coscienza, era nelle stesse condizioni, si muoveva in funzione di una necessità esterna e in funzione dei suoi complessi interni. Abbiamo pure visto come, però, arrivato allo stato di coscienza può mettere questa al servizio di quei complessi e diventa così peggio dell’animale.
Come, allora, la coscienza diventa intelligenza cosciente? Mediante l’atto di volontà. L’intelligenza cosciente implica la volontà di esteriorizzarsi, non il desiderio. L’intelligenza cosciente crea dunque la volontà la quale, alimentata dalle energie del proprio essere, viene puntata sulla realizzazione di un dato fine che non può essere altro che la realizzazione dei valori universali. L’intelligenza che mette in movimento la volontà è in grado di servirsi di tutte le vibrazioni dell’individuo e del mondo esterno, convogliandole verso la realizzazione di quel fine.
Abbiamo così la spiegazione del miracolo. La volontà, puntata verso la realizzazione di un fine, è in condizione di utilizzare tutte le forze che sono modulate verso quel fine e a seconda della forza interiore e attrazione magnetica data dall’amore, che è alimento di questa volontà, l’intelligenza cosciente volontà può polarizzarsi e potenziarsi per la realizzazione. Un atto di volontà può impiegare lunghissimo tempo per arrivare alla realizzazione, poi questa si verifica all’improvviso. Vuol dire che per l’attrazione delle forze armoniche intorno a quel fine è stato necessario tutto quel tempo.
Tutti gli atti scaturenti dall’intelligenza cosciente sono in sintonia coi valori universali. Cioè la creazione di un valore è una condizione sine qua non per l’intelligenza cosciente. La differenza tra questi atti sta unicamente nella potenza e nell’esperienza. Per esempio, se un individuo vuole raggiungere un fine universale, vede questo fine da raggiungere teoricamente. Il pensiero teorico deve essere incarnato (prendere cioè forma materiale); l’uomo lo deve manifestare in sé e realizzarlo attraverso la volontà. Abbiamo visto come per realizzare qualsiasi atto dettato da un complesso animale la forma sia il desiderio. Per alimentare la volontà ci vuole invece l’amore. Se l’individuo non è animato da un amore potente verso il fine, non può far scaturire dal suo corpo quella forza vibrante che serve ad alimentare la volontà. Se, come avviene, per raggiungere quel fine deve attraversare forze materiali esterne, lottare contro ostacoli e non ha forza d’amore verso quel fine tale da superare quelle forze di resistenza, si arresta e non si realizza. Se invece l’amore è forte, l’individuo alimenta il suo stato di volontà e nello stesso tempo come crea una forma di attrazione di questo stato di volontà puntata, esercita una forza di attrazione delle forze vibranti attorno a sé e di quelle dell’universo. Abbiamo l’esempio nel Vangelo nella resurrezione di Lazzaro. Cristo non operò il miracolo per accontentare i familiari del defunto, ma per la necessità che aveva di raggiungere un fine, cioè per polarizzare l’attenzione degli uomini sulle suo opere affinché la parola morale che lui diceva venisse potenziata dal fatto che aveva operato il miracolo e che lui era Dio. Cristo, dunque, in stato di purità, puntando su quel fine universale che era il miglioramento dell’umanità, mosso dall’immenso amore non solo verso il fine ma in conseguenza verso tutta l’umanità, potè accentrare in sé tutte le forze vibranti dell’universo per poter ricementare nel corpo di Lazzaro quella che era la forza di vita.
L’essere, quindi, arrivato a coscienza se in uno stato di normalità si trova di fronte uno stato di sofferenza di necessità, di un patema e ne vuole uscire, si polarizza necessariamente su qualcosa che è al di fuori e al di sopra di quello che è la normalità. In quel momento potenzia tutto il suo essere verso l’obiettivo fine. Se poi l’individuo è in stato di vibrazione amorosa verso uomo o donna, quello stato di vibrazione va a potenziare il fine. La preghiera è un fenomeno diverso. Lo stato di preghiera è uno stato di concentrazione del proprio essere puntato verso un dato obiettivo la cui forza di polarizzazione si ripercuote potenziandosi verso di noi. Ma nello stesso tempo essa può portare a uno stato di vibrazione pura che richiama lo stato di vibrazione amorosa.
Riepilogando: mentre la coscienza, primo gradino per arrivare all’intelligenza cosciente, può anche servirsi della ragione per appagare dei complessi animali essendo spinta dal desiderio, l’intelligenza cosciente può creare solo dei valori universali ed è spinta dalla forza amore. L’intelligenza quindi non è un ente al di fuori dell’individuo, come veniva considerata in passato, non è cioè nulla di trascendentale, ma ha la radice in tutto il suo essere ed è una manifestazione di questo, manifestazione nel senso più concreto e reale. Questa manifestazione viene modificata dallo stato di coscienza dell’individuo stesso nel momento in cui è cosciente di pensare, guida la formulazione di questo pensiero con la volontà, sui binari dei valori universali.
Come si manifesta l’intelligenza nei vari individui? Gli individui hanno, per risolvere un problema, strumenti diversi in relazione al loro stato di maturità, di studi, di eredità, ecc. Le cellule di un individuo hanno prima di tutto un’educazione tradizionale, in quanto prendono una direzione di pensiero o un’altra. Non è detto, però, che un uomo nato da un principe o da un professore abbia per questo una maturità maggiore, perché si deve tener conto dell’evoluzione di quelle cellule, dell’ambiente, delle energie animiche dell’etere che l’individuo aspira (anche al momento di venire al mondo; vedi dopo quando si parlerà dell’anima), del suo sistema organico, ecc. Ci possiamo domandare quindi perché un individuo è meglio dotato di un altro. Le ragioni sono identiche a quelle che riguardano lo sviluppo fisico dell’individuo, ossia l’ereditarietà, l’educazione, l’ambiente, ecc.; tutto questo porta a un determinato indirizzo intellettuale per cui l’individuo è più incline a polarizzarsi verso uno dei valori piuttosto che verso un altro. Il fatto che un individuo realizza più o meno valori di un altro o che non li realizza affatto dipende poi dal grado di coscienza di un individuo. Abbiamo visto, infatti, che la coscienza è la sintesi del nostro essere e la volontà, non il desiderio, è la forza di indirizzo, il lato che indica lo scopo da raggiungere. Questa volontà di cui abbiamo parlato come la forza necessaria per realizzare un valore, detta così, non è forza in se stessa, per esteriorizzarla e metterla in pratica occorrono tutte le forze dell’organismo, occorre la forza mentale data all’organismo anche per mezzo della respirazione. Noi inoltre assorbiamo forze esteriori che concorrono alla formazione del nostro essere. L’importanza sta nella capacità che ha l’individuo di concentrare tutte le sue forze su un dato problema per giungere alla soluzione, l’importanza sta cioè nell’intelligenza cosciente. Abbiamo detto che questa non viene a noi dal di fuori: occorre ora specificare che viene dal di fuori in quanto può essere una registrazione di impressioni fisiche, viene dal di dentro come affioramenti di esperienze già vissute e registrate dal nostro essere anteriormente, o come impressione interiore. Il cervello non si mette infatti in movimento da solo, ma soltanto quando riceve uno stimolo. Questo stimolo può essere esterno o interno. Quello interno è dato dal sangue, dai nervi, da funzioni interiori; quello esterno da tutto quello che registrano i nostri sensi e anche dall’aspirazione per cui si immettono forze esterne. Si tratta ora di vedere come trasformare queste sensazioni, queste forze in idee e quindi in pensieri. Se infatti il nostro cervello è un semplice organo meccanico, organo di raccolta, di coordinamento, di modulazione di tutte le sensazioni, la creazione del pensiero dovrebbe essere espressione di sensitività, di animalità, quindi dovrebbe essere istintiva. E questo accade infatti fino a che l’individuo non raggiunge un certo grado di maturità, poiché allora si comporta secondo gli impulsi che riceve dall’esterno e dall’interno e il suo comportamento o la sua manifestazione sono espressione istintiva. Il grado di maturità dell’individuo è dato dal grado di coscienza in cui si trova e soprattutto dalla capacità di indirizzare coscientemente il proprio pensiero, non verso la realizzazione di complessi animali, ma verso i valori. L’uomo infatti ha sempre mascherato questi suoi complessi ricorrendo alla ragione: che cosa è la ragione e a che cosa ha dato luogo?
Per spiegare la ragione dobbiamo riportarci alle sensazioni primitive dei primi uomini, quando il cervello stava al suo inizio nell’accumulazione delle esperienze. Dobbiamo perciò considerare l’evoluzione delle cellule di cui è composto il cervello umano, ovvero le esperienze che sono state da queste accumulate e che col tempo sono diventate modi di essere. A questi dobbiamo aggiungere gli schemi che gli uomini si sono fatti per vivere nella comunità e per classificare le cose al di fuori di loro. La ragione sarebbe dunque la coordinazione di sensazioni e pensieri tratti dal cumulo di nozioni, schemi o modi di essere ereditari, diretti verso un obiettivo esterno o interno. Questo, però, è il modo di ragionare dell’uomo animale, dell’individuo intellettualmente deficiente che non aggiunge nessun fattore nuovo al suo ragionamento.
Per l’individuo normale possiamo aggiungere una coscienza, più o meno evidente all’individuo stesso, di essere in quel dato momento in stato di ragionamento e, come secondo fattore, l’intelligenza. L’intelligenza non tiene conto della materialità della sensazione che ha provocato il ragionamento, ma si muove secondo valori che potremo chiamare teorici, portando allo svolgimento di questa coordinazione di pensieri un contributo che li fa deviare in un senso o nell’altro.
Quindi si distingue nettamente quello che è intelligenza e quello che è ragione.
La ragione è un metodo di coordinamento che utilizza le sensazioni, il sapere, la cultura, mettendole in armonia e nel quale interviene qualche volta la coscienza e qualche volta l’intelligenza. L’intelligenza interviene sempre con la coscienza, la quale può essere più o meno concreta. La ragione quindi è un fenomeno meccanico, l’intelligenza è un’entità che interviene a dirigere il fenomeno meccanico. Il risultato di questa meccanicità dipende dagli elementi di cui si è servito il cervello. Per esempio, quando il cervello viene messo in movimento dal complesso di nutrizione, se non interviene l’intelligenza, il cervello per soddisfare una richiesta dell’organo stomaco si può convincere, attraverso il ragionamento, che un cibo deleterio al suo organismo gli è invece indispensabile. Oppure, nel caso di una diagnosi, oltre alle nozioni ed esperienze acquisite intorno a una determinata malattia può intervenire l’intelligenza che, apportando nuovi elementi al ragionamento, gli dà una direzione completamente diversa dal caso precedente simile. Questa intelligenza può essere data da cose oggi imponderabili, come ad esempio da onde squilibrate che il medico percepisce inconsciamente mettendo le mani sul corpo dell’ammalato.
Riepilogando: che cos’è la ragione? Già dire ragione è una forma errata di espressione, perché la ragione non è un ente, ma un movimento. L’intelligenza è un ente, la ragione un movimento meccanico, espressione di un organo. Si dovrebbe dunque dire ragionare: ed essendo il ragionare un movimento meccanico è suscettibile di miglioramento, si può cioè acquistare una maggiore elasticità di cervello per esprimere meglio il modo di interpretare e di vedere una cosa.
Ora potrebbe sembrare che l’uomo con più cultura ragioni meglio: ma così non è, perché il ragionare meglio o peggio è sempre in relazione all’oggetto preso di mira per il ragionamento. Per esempio, un contadino di cultura limitata può fare su un dato obiettivo un ragionamento migliore di quello che potrebbe fare un filosofo ed anche su una questione filosofica (ignorando però di fare una questione filosofica). Per fare dunque un buon ragionamento non è sufficiente essere un uomo colto, perché l’uomo colto può avere a disposizione più elementi, ma se non è assistito da una intuizione o da un’intelligenza pura, il ragionamento dell’uomo meno colto potrebbe essere migliore. L’uomo, inoltre, ragiona consapevolmente e inconsapevolmente. Fino ad oggi egli si è servito della ragione per appagare i suoi complessi animali, questo anche inconsciamente in quanto non ha mai saputo la differenza fra la ragione, cioè fra la funzione ragionativa, e l’intelligenza, confondendo spesso questa con quella.
L’involuzione dell’umanità è nata appunto dalla polarizzazione dell’uomo sulla conquista dei beni materiali: nel migliore dei casi egli ha usato la ragione per la conquista del potere e per prevaricare così sugli altri uomini. Egli ha perso cioè l’intuizione degli animali e ha messo a disposizione dei suoi complessi animali quello che gli eroi, gli uomini che per primi avevano pensato, avevano creato perché fosse messo a disposizione dell’intelligenza. È necessario quindi staccare la ragione dall’animalità dell’uomo e riportarla alla parte spirituale, facendola diventare strumento dell’intelligenza e non della natura bruta.
Morale. Gli uomini elevati che avevano constatato questo, diciamo, abuso della ragione sono quelli che hanno creato le religioni, le regole sociali e politiche in armonia con la situazione del momento; essi perciò hanno creato leggi e regole per poter contenere l’animalità dell’individuo (diventata potente perché usava lo strumento cervello, cioè usava la ragione). Nelle religioni la morale segue press’a poco le linee generali dei valori universali. Ma i valori universali conosciuti nei tempi passati erano, si può dire, molto più grezzi in confronto a quelli che si conoscono oggi. La guida interiore era affidata più che altro all’intuizione e alla padronanza della materialità. Esistettero nei tempi antichi sette di individui eletti che dominavano la vita umana (es., egizi) ma la loro era sempre una conoscenza relativa all’umanità di quel momento. Essi si dedicavano però alla parte psichica dell’uomo, studio che abbiamo dimenticato col cristianesimo involvendoci nella morale e confondendo questa con le leggi dell’anima. Morale e leggi dell’anima sono due cose completamente diverse: la morale è una legge sociale, mutabile a seconda del cambiamento dei tempi e dei popoli; le leggi dell’anima fanno invece parte delle leggi universali intuite dalla psiche secondo la vibrazione dell’individuo: esse dominano le leggi morali.
Abbiamo visto come le leggi universali sono nate dal primo movimento della particella primordiale, essendo in questa già presenti come finalità. Tutto l’universo è sottomesso a queste leggi e se esiste fatalità, è questa dei valori universali. Ma non per questo possiamo dire di essere schiavi di queste leggi, perché noi le sentiamo più che altro come una attrazione dentro e al di fuori di noi.
Il bene, ossia il perfezionamento dell’essere, consiste dunque nella realizzazione allo stato di coscienza dei valori universali, del vero, del bello, del buono, del razionale che sono, come abbiamo detto, leggi fisse. Più l’individuo si allontana da quelle che sono le vibrazioni dei valori, più è immerso nella materia. Il male è invece la necessità. La necessità è diversa di pesantezza secondo l’individuo, perché la necessità, ossia materia pesante o resistenza a quello che è lo spirito che si attua con l’intelligenza, è diversa da essere a essere. Noi vediamo che nel corso della vita di ogni individuo c’è il momento in cui si ripete il fenomeno della rivoluzione della particella primordiale: si può dire che l’individuo è la stasi; egli ha però in sé tutti gli elementi per essere o non essere: ad un certo momento gli si apre la coscienza ed è questo il momento in cui il fattore X si mette in movimento, ossia si ripete il fenomeno universale. Il movimento è diverso da individuo a individuo. Un individuo che si è messo in movimento con una spinta di valore diciamo 10 può rimanere sempre su quel piano, mentre un altro con la stessa spinta di valore o con la spinta di valore 100 arriva a 1000 e oltre. Ogni essere ha la possibilità di superare la sua spinta iniziale e di rendersi quindi sempre più libero dalla necessità, cosa che naturalmente non dipende esclusivamente da lui, ma dall’ambiente, dall’educazione, dalla tradizione del sangue. All’inizio non c’è libertà nell’individuo: nessun individuo è libero finché non ha conquistato la sua libertà (questo vale anche per il bambino). L’individuo conquista la libertà soltanto nel momento in cui si rende cosciente e se questa coscienza è abbastanza forte da combattere l’ambiente e l’eredità dei genitori, se questi fattori sono in contrasto con la sua coscienza. Il giorno in cui l’individuo si sarà liberato dalla ignoranza atavica, dall’eredità del sangue, dalle malattie che si è procurato durante lo stato di incoscienza, sarà nato il nuovo essere, l’uomo creatore di una nuova dinastia e di un nuovo mondo.
La libertà assoluta è però irraggiungibile perché esiste sempre ed esisterà sempre una materia più o meno sottile che farà resistenza allo spirito puro. Questo infatti ha bisogno di un’essenza più pesante per manifestarsi e questa essenza, cioè materia, rappresenta la resistenza. A questo proposito possiamo ricordare che le religioni indiane parlano tutte di cicli dell’universo che sono paragonati ai polmoni dell’uomo: all’espirare e all’inspirare. Ossia, inspirando si riassorbe, si involve; espirando si ricrea l’universo.
La libertà, che è stato il fine della prima particella ribelle e che in relazione alla sua grandezza si è limitata al movimento, è sempre relativa: quella passata è minore di quella da venire. Domani avremo un altro genere di necessità e quindi di libertà.
Anima. Noi diciamo che non esiste un’anima comunemente intesa e che possono esistere degli enti anima solo in quanto siano arrivati a coscienza luminosa ed abbiano acquistato la facoltà di perpetuarsi al di fuori del corpo. Se si può perciò dimostrare che il carattere dell’individuo è dovuto alla forza energetica dell’amore di due esseri compenetrati, si distrugge con questo il concetto di eternità dell’anima nel senso comune. Ci possiamo infatti domandare da quale vivaio provengano tutte le anime degli individui che nascono ogni giorno, giacché l’umanità va sempre aumentando di numero e si deve concludere che creatori delle anime sono gli uomini. L’uomo ha la possibilità di fare o non fare il figlio. L’umanità fino ad oggi ha prodotto l’uomo animale, cioè l’uomo nato non per volontà degli esseri in fusione, domani invece gli uomini e le donne dovranno essere coscienti di non creare soltanto l’essere di carne, ma di potergli dare una determinata forza e vibrazione interiore e sarà allora che nascerà il figlio dell’uomo.
Per spiegare che cosa è l’anima bisogna partire dal momento di creazione dell’individuo. L’uovo si forma nel corpo della madre durante un certo periodo, diciamo X, lo sperma nel corpo del padre si forma durante un periodo di tempo Y; in quel periodo le cellule dell’uovo e le cellule dello sperma vengono incise dai vari fattori biologici, chimici e psichici in cui il padre e la madre vivono. Nel coito, nell’atto in cui lo sperma feconda l’uovo, interviene ancora un altro fattore: se la spinta dello sperma è di una velocità X, data dalla forza-amore del maschio verso la femmina e se lo stato d’amore della femmina verso il maschio corrisponde a una forza-amore Y, questi due fattori danno una direzione e una impressione particolare al movimento energia concepimento. Ciò è dimostrabile a ritroso. Prendiamo ad esempio due genitori che hanno avuto due figli a poca distanza di tempo: vediamo che essi sono completamente diversi e questa differenza non si può spiegare semplicemente col fattore tempo. Possiamo perciò dire che oltre ai fattori biologici, fisiologici, ambientali, psichici che vengono trasmessi per eredità, fattori che potremo chiamare materiali e che concorrono alla formazione dell’uovo e dello sperma, subentra un altro fattore importante, quello dello stato di amore in cui si trovano maschio e femmina nel momento del concepimento. Se dunque due esseri si accoppiano in stato di amore puro, nasce un essere che riproduce quella energia-amore; se invece si accoppiano in stato di amore materiale nasce un elemento che non è uguale all’altro, sempre nascendo dallo stesso padre e dalla stessa madre. Inoltre, il padre e la madre, pur non potendo modulare le onde vibratorie intorno a loro, possono mettersi in sintonia con un’onda di valori universali, portando la vibrazione dell’essere nuovo su quest’onda.
Parleremo poi dell’eternità dell’essere: cioè del fatto che si distrugge la forma dell’essere, ma non la sostanza e la parte più sottile di questa, consistente nelle cellule coscienti, continua a sopravvivere nell’atmosfera terrestre. Ora, quando avviene una fusione fra un uomo e una donna le cellule disincarnate tendono a materializzarsi, vengono per la forza di gravità o di attrazione attirate da quella forza di attrazione che scaturisce appunto dall’unione di due esseri (forza positiva o negativa), andando a materializzarsi nella sperma e nell’uovo o nell’essere nuovo. La vibrazione che scaturisce da quell’unione avrebbe in questo caso una forza di attrazione adatta alle cellule la cui vibrazione a sua volta sarebbe in sintonia con l’ambiente e l’umanità in quel momento. Con questo sarebbero spiegate per esempio le differenze tra fratelli e tra gemelli. Ma noi potremo anche ammettere che questa attrazione non avvenga al momento del coito, ma al momento della nascita, nell’attimo in cui il neonato esce dall’alveo materno ed aspira, sebbene gli antichi trattati parlino tutti della prima tesi. Oppure si potrebbe dimostrare che, ad esempio nel caso dei gemelli, malgrado che si tratti dello stesso uovo che si scinde, vi sono già differenze, oggi non ancora rintracciabili, nelle cellule che compongono l’uovo. La differenza starebbe cioè nell’atto creativo dell’uovo. Per esempio, quando un individuo mangia ne consegue tutto il processo di digestione e di assimilazione che non è fatto liberamente, ma in cui c’è tutta una parte dell’essere che influisce su queste funzioni. Se dunque in un certo momento le forze superiori dell’organismo si trovano in un determinato stato di vibrazione ed in quello stato l’organismo crea il suo uovo e il suo sperma, questo sarà diverso da quello della luna precedente, perché avrà ricevuto nel frattempo tutte le impressioni di quel dato periodo (euforia, collera, ecc.). Empiricamente si può dire, e ora la scienza ufficiale vi si sta avvicinando, che c’è un periodo della creazione dell’uovo in cui la forza mentale o la forza interiore dell’individuo ha una capacità di impressione (attiva) maggiore.
Parlando dunque di quell’eredità che oggi non si riesce bene ad affermare e per cui le religioni parlano di reincarnazioni, di aspirazioni, di creazioni, possiamo ammettere un elemento molto più razionale e più dimostrabile e cioè lo stato di energia che i due esseri infondono all’essere nuovo al momento del concepimento.
Esaminare la creazione dell’individuo è come tornare all’inizio della creazione dell’universo, perché si verifica sempre lo stesso fenomeno e cioè l’energia X incarnata dal padre e l’energia Y incarnata dalla madre si fondono, hanno velocità, direzione più o meno vibrante, che è quella che viene ereditata dal nuovo individuo. È la forza che altri chiamano scintilla divina e che mette in movimento le cellule cerebrali
Esaminiamo ora la differenza di anime. Noi vediamo che due figli nati dagli stessi genitori, nati e cresciuti nello stesso ambiente, con la stessa educazione e con lo stesso nutrimento, posti davanti all’identico problema danno due soluzioni assolutamente diverse. Uno è cioè intelligente, l’altro è stupido. Nei gemelli, invece, tranne rarissime differenze, le risposte sono identiche. Le religioni parlano a questo punto di anima buona e cattiva, di reincarnazione di esseri evoluti o meno evoluti. La scienza parla invece di differenza di cromosomi. Ma possiamo domandarci: perché l’individuo dà vita a una parte di cromosomi e non all’altra? Perché uno spermatozoo va a fecondare un uovo a preferenza di un altro? Qual è la forza di attrazione? È una questione di tempo o di ambiente? La scienza afferma di poter creare gli individui secondo desiderio, basandosi sul fattore tempo e costituzione. Ma ci si dovrà accorgere che questi due fattori, pur essendo importanti, non sono assoluti e che soltanto se la scienza si impadronirà del fattore assoluto potrà creare a volontà maschi e femmine. Questo sempre in teoria, perché se l’uomo riesce a conoscere quel fattore e a poterlo realizzare, deve sempre tener conto del suo partner. La donna dovrebbe dunque conoscere il fattore, mettersi in stato di sintonia con tutto l’apparato del suo partner ed accordarsi per la formazione dell’essere nuovo. Ma potrebbe anche bastare il fattore uomo o il fattore donna, l’altro essendo neutro o incosciente; perché l’uomo o la donna che conosce il fattore assoluto ha una forza maggiore così da imporsi all’altro. La scienza arriverà forse presto a conoscere questo fattore, ma dalla teoria alla pratica il passo è lungo perché anche quando gli uomini avessero imparato in teoria e avessero cominciato ad applicarla, altri fattori collaterali impediranno loro di applicare con purezza il fattore assoluto. È come quando un’idea pura per il solo fatto che è incarnata e viene espressa e materializzata con la voce, con lo scritto o col suono ecc. non è già più pura, perché materializzandosi ha perduto qualcosa della sua purezza. Se in questi passaggi non interviene un altro fattore di purificazione, che riporti l’idea al punto di origine e la purifichi da questa materializzazione, può accadere per esempio che un’idea che ci arrivi alla distanza di 50 anni da bianca sia diventata nera.
In breve, si deve dimostrare che anche quando gli scienziati conosceranno le leggi che regolano la creazione del maschio e della femmina – legge pura – l’uomo che le conoscerà, per il solo fatto che lui le incarna e le applica, non potrà mai avere un risultato assoluto perché nella esteriorizzazione della legge pura concorrono i fattori psichici e materiali dell’individuo stesso, ossia il concetto puro, la legge pura che regola questa creazione per il solo fatto che viene incarnata dall’individuo si rende impura. Vi saranno quindi molti casi in cui la legge pura si potrà realizzare e altrettanti in cui non sarà realizzata. Perciò anche quando sarà conosciuto il fattore assoluto, nell’applicazione pratica non si potrà mai contare su di esso al cento per cento.
Abbiamo visto dunque che anima comunemente intesa è una cosa assai diversa da quella che ha origine nel momento del concepimento e della nascita dell’individuo. Visto da che cosa ha origine l’anima, possiamo cercare di spiegare che cosa essa è effettivamente nell’individuo. Dobbiamo prima di tutto comprendere che cosa è l’essenza, tener presente che l’universo è uno, che noi siamo dentro all’universo, che l’essenza è movimento e che la materia è differenza di vibrazione. Tenendo presenti queste cose: movimento-energia, universo tutto e coscienza possiamo spiegare cosa si intende per anima e se questa è immortale o no, e quale parte di essa è immortale. Noi possiamo considerare il corpo come un involucro nel quale si condensano energie emesse trasformate dall’involucro corpo ed energie immesse dall’essenza che circonda questo corpo. Il mondo che circonda questo corpo è formato da innumerevoli cose: astri, aria, venti, acqua, uomini, sole, tutto un insieme col quale siamo collegati. Essendo tutto il complesso nervoso dell’essere umano formato dai centri filamenti nervosi, possiamo dire che le vibrazioni più sottili di questa materia nervosa, l’essenza, la parte cioè che nel disfacimento dell’individuo corpo dovrebbe espandersi invisibilmente, è quella che noi intendiamo per anima. Quindi l’anima è il complesso delle vibrazioni più sottili dell’essere umano. Fin qui possiamo dire che l’anima umana è come quella degli animali. Dobbiamo dunque vedere qual è il fissatore delle vibrazioni delle cellule. Questo fissatore che fissa nell’essenza l’intelligenza che cementa le vibrazioni del corpo umano con le vibrazioni dell’universo è la coscienza; l’atto di coscienza di cui abbiamo parlato. Ammesso che coscienza vuol dire fissatore, possiamo dire che la durata della vita di un’anima è in relazione alla forza di fissaggio del fissatore. Il giorno che il fissatore dovesse disgregarsi, la conoscenza dell’anima non andrà però perduta, perché lo stato di vibrazione di quella materia contiene tutte le esperienze fatte durante i vari periodi sottoposti al fissatore, quindi l’anima è un ente che esiste fino a che l’ente animale o l’ente uomo alimentano questo ente. Essa può seguire la sorte materiale del corpo a seconda della forza di fissaggio o di coesione, a seconda cioè della forza di coscienza.
Lehahiah
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