La nostra famiglia Miriamica intende sviluppare – a titolo di esperimento – le virtù (o forze) latenti nell’organismo umano, allo scopo di raggrupparle in una forza unica da applicare a sollievo degli afflitti e – se possibile – alla guarigione degli infermi.
Lo sviluppo e le applicazioni successive di queste forze, se ci sono e se sono applicabili a più vaste realizzazioni, costituisce una fase ulteriore, che richiede il possesso in atto dei presupposti iniziali.
E non è soltanto sciocco il voler precorrere eventi concatenati in maniera da non permettere salti, ma è anche dispersivo delle energie stesse che si vogliono sviluppare, in quanto restano frustrate la coordinazione con la finalità e la centralizzazione degli sforzi.
La prima, necessaria a circoscrivere la sfera di azione per non divagare nel campo delle utopie; la seconda, per concentrare nella sfera stessa il massimo potere energetico.
Bisogna persuadersi che l’uomo contemporaneo si trova, di fronte alle sue virtù (o forze) latenti, nella analoga condizione di un bambino rispetto a ciò che sarà da uomo.
Il bambino, attraverso l’opera assidua che intorno a lui svolgono i familiari (fattore esterno), e sotto la spinta dei suoi specifici bisogni (fattore interno) a poco a poco comincia a riconoscere persone e cose, impara a dirigere utilmente le sue richieste (non si rivolge al babbo per la mammella e non al cane per la pappa) e va manifestando, col crescere, una propria individualità, che, debitamente indirizzata, gli conferirà, da uomo, un posto adatto nei quadri sociali.
Così, lentamente, attraverso un’opera costante di richiamo, di educazione e di potenziamento, si sviluppa l’uomo occulto in noi, fino a manifestarsi ed agire. Ma tutto si svolge sotto la Legge inesorabile di Saturno, così l’uomo sociale e l’uomo occulto si sviluppano col tempo e tanto meglio quanto più illuminata, selezionata, coordinata e centralizzata sarà stata la direzione di efficacia educativa.
Bisogna insistere molto nel considerare queste necessità, spogliandosi di ogni illusione antiscientifica ed antimagica, altrimenti noi non costituiremo una famiglia di equilibrati che vaglia ogni cosa col buon senso pratico della realtà, ma un’assemblea di spostati, che comprometterà la propria e l’altrui pace, un’Accademia di pazzi.
Solo le teste accese o i ciarlatani dell’occulto possono pensarla altrimenti e, in generale, le teste (di rapa) sono accese dalle passioni, perché soltanto le passioni non danno il senso della misura, si manifestano col carattere della cecità, straripano impetuose dagli argini della logica e richiedono soddisfazione immediata.
L’ideale no. L’ideale è paziente, è caratterizzato dall’operosità e dall’attesa, mira lontano, oltre se stessi, non curante del presente, geloso solo della propria purità.
Esso rispecchia qualcosa di ingenuo e di angelico che rassicura, eleva, incoraggia, redime e consola.
Invece è accaduto ed accade che la chiarezza dell’impostazione iniziale si è offuscata fra equivoci e scantonamenti di varia e spesso torbida natura. Anche ciò non a caso, ma – come tutto – per effetto di una Legge (o demone folle), quella stessa per cui, apprestati i modelli divini dai Grandi Fondatori di religioni, le turbe, incapaci di assurgere alla loro altezza, li hanno abbassati al proprio livello, fino a farne degli dèi spiccioli e protervi a cui poi non credono più e ne bestemmiano il nome in tutte le più acconce occasioni.
Discorsi prematuri, allusioni misteriose (soprattutto misteriose!) a realizzazioni alchemiche, libri nei quali non si capisce niente, ma che ostinatamente si leggono e si considerano capolavori (di corbellerie) spesso consigliati giustappunto da quei misteriosissimi elementi che circolano indisturbati nelle Accademie, mezze parole che… lasciano intendere (niente), frasi ad effetto, gesti di sufficienza e consimili prestigiosità, generano un’atmosfera ammorbante, ove nessuno sa più cosa diavolo deve fare, cosa diavolo sta facendo e perché diavolo lo sta facendo.
Guardiamoci bene dal cadere in un tale ginepraio, se non vogliamo compromettere la nostra intelligenza, il nostro decoro, la nostra rispettabilità e la nostra reputazione.
Noi dobbiamo fare la Miriam, quale è consacrata nella Pragmatica Fondamentale e negli altri tre Fascicoli, con la preparazione etica, scientifica e magica della dottrina ufficiale del nostro Maestro Kremmerz.
E nei Circoli esterni si deve chiarire a ciascuno quello che deve fare: i limiti nei quali deve contenersi, la dottrina relativa che deve digerire, la morale conforme che deve rispettare, le regole specifiche, che deve osservare.
Solo così egli sarà messo in condizioni di operare utilmente per sé e per la finalità collettiva. Se uno sviluppo concreto, reale, inequivocabile egli consegue, allora potrà proseguire, in campo sempre proporzionale, verso sempre più corrispondente realizzazione.
E procediamo per gradi.
Il Primo Circolo Miriamico esterno è dotato dei Fascicoli A-B-C, i quali contengono il disegno generale della Schola, un pizzico di idee generali sulla dottrina, una rituaria ed una regola di 1° grado.
LA PREMESSA GENERALE E’ CHE CIASCUNO DEGLI ASCRITTI DEVE CONSIDERARE IL LATO PRATICO DELLE ISTRUZIONI RICEVUTE COME COSA DA REALIZZARE E NON COME UN FATTO COMPIUTO. ED INTENDIAMOCI BENE: DA REALIZZARE SUL PIANO COLLETTIVO, IMPERSONALE, NUMERICO ED OGGETTIVAMENTE.
Pertanto, non gli è lecito, se il portinaio o la collaboratrice domestica sono ammalati, rivolgersi ad altro fratello che egli ritiene più evoluto, e ciò per due fondamentali ragioni:
1°) perché le realizzazioni non devono provenire da questo o da quello, e non devono essere attribuite a questo o a quello, ma alla Catena Collettiva operante, cioè alla Miriam;
2°) perché se anche fosse vero che questo o quell’ascritto si trova in condizioni di operare validamente in aiuto del prossimo cristiano, la pretesa che costui risponda ad ogni richiesta, anzi ad un cumulo di richieste, chiudendosi in una stanzetta per… fare dalla mattina alla sera quello che deve fare, è assurda e pazzesca.
Nessuno, in alto e in basso, deve prestarsi ad un simile sconcio che non soltanto è poco serio, ma è in aperto contrasto col fine della Schola e perciò dispersivo, dannoso e controproducente.
Peggio ancora dicasi per chi, in campo estraneo ai nostri fini, (e magari per realizzazioni a livello d’impiego lavorativo, professionali, lucrative o commerciali) volesse dare ad intendere di potere fare con poteri e pratiche di eccezione.
Fermamente stabilita la premessa cui sopra, esaminiamo ora:
a) il disegno generale della Schola;
b) il pizzico di idee generali;
c) la rituaria;
d) la regola di Primo Grado.
Il disegno generale della Schola (Fratellanza di Miriam) è racchiuso in cinque circoli concentrici, i quali – escluso il primo che è preparatorio – si riducono a quattro, chiaramente contraddistinti dai numeri relativi, come nel grafico del fascicolo A:
Perché quattro? Perché concentrici?
I quattro circoli hanno riferimento analogico coi quattro corpi di cui ampiamente ha trattato il nostro Maestro Kremmerz, cioè coi corpi saturniano, lunare, mercuriale e solare.
Essi sono concentrici in analogia alla struttura o natura umana che con essi corpi forma un individuo solo, e cioè un centro intelligente di vita organizzata.
Si badi, però, che detti circoli, pur formando un tutto unico, sono «separati» e ciascuno è caratterizzato da precise esperienze; anche ciò in analogia alla costituzione stessa dell’uomo, ma non dell’uomo ordinario e comune, bensì dell’uomo integrato nei suoi poteri divini, il quale differisce dal primo per aver ordinato il proprio caos in un piccolo cosmos o microcosmo, ad immagine del Grande Cosmos o Macrocosmo, o Universo Vivente, o Dio.
Nel primo circolo, difatti, il discepolo opera sul suo corpo saturniano, e lo depura dalle scorie specifiche.
Nel secondo, opera sul suo lunare, o Mara, ne sonda l’essenza e si dispone ad assumerne il comando.
Nel terzo, ne inizia l’educazione al movimento, fino al volo o Ibi (Mercurio alato).
Nel quarto, partecipa della vita universale con missione terrena: Corpo Solare.
Tentiamo ora di chiarire, per quanto possibile, il meccanismo magico-scientifico di un simile quaternario, affinché il novizio si persuada che non perderà il suo tempo se vi dedicherà la sua attenzione e la sua pratica, e che, al contrario, il suo tempo lo perderà se non si conforma a tutti i principi della Schola, in contrasto con i quali, se persisterà vanamente nella pratica, potrà capitargli anche di doversene amaramente dolere.
Abbiamo già detto che il disegno generale della Schola «rivela» l’ascenso che il singolo ascritto deve conseguire: un ordine, cioè, del proprio Essere, analogo all’ordine dell’Essere Universale.
Egli, in tal caso, ne sarà una piccola immagine e meglio si direbbe con linguaggio tecnico-scientifico contemporaneo, che entra in «fase» con la vita universale o panica, mentre ordinariamente «è sfasato» e, pertanto, nell’impossibilità – salvo rare circostanze – di accoglierne, tradurne ed intelligerne le vibrazioni e l’essenza.
Al vertice di tale ascenso, egli parla la parola stessa dell’Universo (il Verbo si è fatto carne), è «una sola cosa» con codesta vita («io e il Padre mio siamo una cosa sola»), è Uno con l’Unica Legge Universale «rivelata» nel divino quaternario: Jod, He, Vau, He; e pertanto, da Figlio dell’Uomo è assunto alla potestà di Figlio di Dio, cioè Dio fatto uomo, o immagine vivente e diretta del Geova creatore.
A questo punto io comprendo che sarebbero desiderabili maggiori delucidazioni, ma le ritengo inopportune e premature, tanto più che codesti accenni mi sembrano fin troppo espliciti e «per la prima volta» denudati da ogni simbolismo misteriosofico.
Ora, se si pensa che un uomo, pervenuto al suo ascenso finale, come sopra esposto, diventa veicolo e rappresentante delle forze universali in armonia con la Legge del quaternario, devesi considerare tutta l’importanza che assumerebbe una catena strumentale di siffatti uomini, come è riportata nel disegno generale della Schola.
Per omologia di risultati ottenuti, i praticanti di ciascun circolo della Fratellanza di Miriam sono naturalmente in catena o in fase fra di loro e, complessivamente, le catene dei quattro circoli interni forniscono l’idea di un tutto unico, con esponente di realizzazione pari alla somma dei singoli esponenti. Trattasi, dunque, di un vero e proprio Ente Karmico, alla cui creazione ha concorso la pratica individuale e collettiva degli ascritti.
I Circoli esterni sono, in relazione ai Circoli interni, o Ente Collettivo, o Miriamico, ciò che il singolo praticante era prima di conseguire il suo ascenso completo: un caos, cioè, rispetto ad un cosmos.
Per rendersi conto del lavoro psichico e meccanico necessario a stabilire un contatto con i Circoli interni ed a ritrarne virtù e poteri, nonché la candidatura all’ascenso, basti tener presente che una stazione radio ricevente non riecheggerà i programmi della trasmittente se non si mette «sulla lunghezza d’onda» voluta, o stato vibratorio eterico, determinato dalla «frequenza» della corrente di emissione.
Tale «lunghezza d’onda» è paragonabile – sempre sul piano analogico – al RISULTATO che l’ascritto consegue in base al complesso di scienza e di pratica che gli è stato comunicato.
Se egli non vi si uniforma, sarà una nota discordante, non perverrà ad alcun risultato, perché questo arcano è fisico, cioè rispondente alle leggi della fisica, e potrà – anche – come una resistenza inserita in un circuito elettrico più forte – avvertire a sue spese le conseguenze della propria arroganza, facendosi vero il monito del Kremmerz, riportato nella Pragmatica Fondamentale che «nessun passo ne sarà violato impunemente».
Il poco di idee generali è sparso nei ventidue articoli del fascicolo B, ciascuno dei quali, per la profonda dottrina che racchiude, può ben dirsi una gemma preziosa della corona iniziatica, staccata con mano prodiga e donata dal Maestro Kremmerz ai discepoli della Schola.
Essi convergono tutti verso lo studio dell’uomo occulto, fissando, in una rapida analisi, alcune verità fondamentali, che appaiono insoddisfacenti e brevi, perché, – lungi dal posare a Maestro docente – Kremmerz intendeva affidarne lo sviluppo e l’integrazione alla pratica stessa dei suoi discepoli, disvelatrice del vero, e non alla sua autorità di iniziatore.
Lo schema della struttura generale dell’uomo, interessantissimo, tradizionale e magico, è riprodotto nell’articolo tre del fascicolo in parola, mentre un cenno sulla sua funzionalità, o fisiologia occulta, e sullo sviluppo possibile dell’uomo sul piano iniziatico è riportato nel successivo articolo quattro.
Trattasi dei quattro corpi commisti nell’uomo comune, i quali – è bene notarlo – sono quattro corpi vivi e perciò quattro modalità di esistenza dell’uomo stesso, confuse in un individuo solo, la cui unità, o riflesso, o IO, ne risente ed esprime variamente l’influenza, secondo che più distintamente è dominata dall’uno o dall’altro.
Di qui il variare continuo degli umori umani, degli orientamenti di coscienza, dei determinismi occasionali, degli stati emotivi, dei decorsi affettivi, dei dinamismi personali, dei sentimenti, delle passioni, delle idee e dello stato di salute fisico e psichico.
Il tutto intrecciato in un dramma incessante che coinvolge personaggi importanti, come il pensiero, l’intelletto e la volontà, i quali si giocano disinvoltamente il destino presente e futuro dell’individuo, incapace, in genere, di dirigere la rappresentazione a proprio profitto.
Il Maestro Kremmerz, attribuisce una genesi saturniana ai corpi lunare e mercuriale, perché li considera entrambi come un’emanazione sempre più attenuata del corpo fisico, il quale, per la sua natura, cioè per gli elementi che lo costituiscono, presi a prestito dal pianeta terra che lo ospita, partecipa della vita di questo e ne risente fortemente l’influenza.
Uomo = humus = terra.
Ciò significa che comunemente sensazioni e pensiero provengono da impressioni prevalentemente telluriche, cioè del corpo fisico, che le attinge alla sfera del mondo circostante.
Ma non vi è nella Grande Sintesi Unitaria dell’Uno Universo alcuna cosa esistente che non partecipi della vita universale e, pertanto, in consonanza con essa, si rivela nell’uomo un principio recondito, sopraffatto dalla sua natura specifica, che è il suo IO solare, estremo opposto dell’Io a tinta strettamente saturniana, che parla in lui con la possanza di un Nume e lo irradia di una Luce, o stato vibratorio incendivo della mente, proporzionale al lindore dei corpi lunare e mercuriale, che ne sono i veicoli recipiendari.
I due estremi, dunque, solare e saturniano, sono in opposizione ed in conflitto fra di loro e l’uno tendente alla distruzione dell’altro, perché rispettivamente costituiscono l’universale e l’individuale, ciascuno inesorabile assertore del proprio fine.
Ecco perché, vivendo in stato di esuberanza animica, si attenta alla propria salute fisica, come affogando nella carne i diritti dell’anima, si preclude la vita allo spirito divinizzante.
Ma se il corpo fisico è il generatore degli altri due, cioè ne costituisce la matrice feconda, o l’utero che li nutrisce, qual è la causa fecondante?
Come ogni cosa si dischiude, matura e riproduce sotto il bacio del sole vivificatore, per cui le innumeri vite prorompono feconde dal seno della terra, così sotto l’influenza del Principio Solare (Ignis Naturae), l’uomo saturniano arde in olocausto a se stesso e sprigiona un’essenza partecipe degli estremi in causa: Sole e Saturno.
Codesta essenza (corpi mercuriale e lunare) è passibile di conseguire vita individua eterna, assumendo forma geniale o eonica.
«Il genio o eone è l’unica forma concreta dell’eternità individua nell’etere universale, l’unica creazione mista di umanità e di vita eterea» (art. 9, Fasc. B).
Creazione di chi?
Creazione dell’uomo stesso, che si quintessenza in essa per combustione naturale, ivi trasportando i propri caratteri sublimati.
«Eone vuol dire essere completo, ragionevole, capace di amore e di odio, di bene e di male» (art. 8, Fasc. B).
«Colui che ermeticamente, cioè con uno stato intellettivo continuo, sa trasportare tutta la sua personalità nei tre elementi superiori, può partecipare alla vita eonica (cioè può anticiparla) ancora vivente nel corpo saturniano e, dopo morto, può vivere della vita eonica, o approdare in nuovi pianeti, o ritornare alla vita umana» (art. 10, Fasc. B).
Eone è dunque essere eterno; eterno nel bene come nel male e, mentre all’uomo non pervenuto la morte offre la possibilità di rinnovamento e redenzione, una volta nati alla vita eonica le alternative cessano ed il fato inesorabile si compie per sempre.
Ora chi può assumersi davanti all’eterno di una creazione nel bene e nel male la tremenda responsabilità di averne additata la via?
Quale iniziato vero, conoscendo la natura umana, non si sentirà vacillare il cuore nel fornire i dati di un simile problema a doppia, eterna soluzione?
D’altra parte: come tacere davanti all’ansia umana, che per mille aneliti conclama un aiuto, talora struggendosi nel tormento ineluttabile dello spirito teso al compimento del suo fine?
Di qui la necessità dell’Iside, o iniziazione isiaca, o lunare, o preparatoria, o collettiva, al termine della quale, se vittoriosi, l’iniziatore ammoneo aspetta il candidato osirideo.
Iside è luna, è acqua, e l’acqua è una delle tre prove iniziatiche antiche (dell’acqua, dell’aria e del fuoco).
Ma non si tratta dell’acqua fresca, di cui c’è pure abbondante bisogno su questa terra, bensì dell’acqua da cui fu salvato (e non sommerso) il biblico Mosè.
E’ allenamento del corpo lunare dai serrami del corpo saturniano, allenamento che significa esteriorizzazione e quindi dinamismo separato (I singoli elementi di qualsiasi composto si possono conoscere solo isolandoli. Così per l’idrogeno e ossigeno della sintesi acqua. Così per l’organismo occulto dell’uomo).
Se non che, il corpo lunare è il registratore di tutte le impressioni umane, dalle ancestrali alle contemporanee, e, pertanto col riemergere di esse, sotto forma di individuazione mobile o angelica, riaffiorerebbe tutta la storia vissuta (come forza, s’intende, e come forma) che, allo stadio attuale dell’evoluzione, è tenuta a freno nelle riserve dell’incosciente.
Un tale irrompere con potenza inaudita, perché pari, nella sintesi di una sola vita, alle innumeri sintesi vissute, frattanto impegnate e distribuite in vari complessi psico-fisiologici, è la pazzia o la morte.
Ma se diretto, proporzionato, finalizzato, e ripartito è l’equilibrio (un superiore equilibrio) è l’ascenso, la gloria e la redenzione.
Donde le catene.
Una catena è un circuito, ove il SUPERO delle energie richiamate circola, cioè si distribuisce di volta in volta che si cumula, rendendosi, così, graduale e progressivo l’assorbimento da parte di tutti, con benefici che sarebbe difficile disconoscere.
Se poi è prevista (come è prevista) oltre la saturazione, un’applicazione pratica, COME VALVOLA DI SICUREZZA, allora da questa sgorgheranno le eccedenze eventuali; anzi inevitabili, feconde di immensi beni, come nel Quadro della Fratellanza Terapeutico-Magica di Miriam.
L’inosservanza del fine, i deviamenti, le alterazioni e le prevaricazioni sono altrettanti impedimenti al libero corso della valvola stessa, con grave danno dei praticanti, tutti perciò cointeressati e solidali nel mantenimento del patto, sotto pena di subirne conseguenze funeste nella vita reale.
E siano queste note di supremo monito per coloro che ritengono di poter sostare sul cumulo immondo delle loro lordure passionali, dispiegando nello stesso tempo le incaute ali al volo verso l’olimpo dei Numi, il cui ingresso è vigilato dagli Spiriti dell’Ideale, Arcangeli di Luce.
Hahajah
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